sabato 27 agosto 2016

Same same and not so much different*




* Same same but different letteralmente si tradue con uguale uguale ma diverso ed è un modo di dire molto diffuso in Nepal ed India. Il titolo del post Uguale uguale e non molto diverso è un gioco di parole per sorridere sul fatto che spesso nelle cose negative, tra la patria della pizza e la patria delle lenticchie ci sono più somiglanze che differenze.

È paradossale essere in Nepal e vedere alla televisione le immagini del sisma in Italia a pochi km da casa mia. Qui ovviamente sono tutti sensibili al tema dato che è passato poco più di un anno dai due terremoti che per un attimo hanno acceso i riflettori dei mass media internazionali sul tetto del mondo, dove in realtà si rideva in ginocchio già da molto prima del terremoto.
Ho avvertito un vero interesse nelle domande dei ragazzi e dei molti al villaggio che mi hanno chiesto come vanno le cose laggiù. Il mio augurio più grande per i paesi e le persone travolte dalla terra che trema è che, per una volta, al danno naturale non si aggiunga la beffa umana di aiuti economici fagocitati dalle grandi istituzioni, politici, new town, e vecchie scene di gente abbandonata a se stessa. Che possa per una volta essere un buon esempio, modello di ricostruzione e aiuto alla popolazione terremotata.
Chi visse sperando non fece una bella fine ma sperare in un domani migliore aiuta a non perdere la bussola nei momenti difficili. Aiuta il non sentirsi soli, il sapere che vicine o lontane ci sono persone pronte ad aiutarti. Da 5 anni ogni nostro sogno che diventa realtà, ogni piccolo, ma soprattutto grande problema che affrontiamo, lo facciamo perché non siamo soli. Il vostro supporto è sempre alla base delle nostre azioni.Di recente ad un ragazzo dell’ostello, M., è tornata una brutta piaga sul piede destro che anche in passato aveva creato problemi. In poco tempo la situazione è peggiorata espandendosi alla gamba, piede sinistro ed entrambe le mani. Siamo stati allo Skin Hospital (specializzato in malattie della pelle) di Kathmandu dove, dopo una rapida occhiata, gli hanno prescritto una crema antibiotica a base di acido fusidico ed un vagone di cefaproxil ed alastine20.
Le mie conoscenze in campo medico sono pari a zero, studio su internet e Wikipedia quindi non ho nessuna presunzione, ma dopo aver letto che il primo farmaco è un antibiotico generale utilizzato principalmente per infezioni respiratorie ed epato-digestive, ed il secondo solo per le riniti, ho capito che purtroppo, ancora una volta, c'era solo un ospedale dove poter andare: il rinomato e costoso Norvic International dove l'anno scorso abbiamo ricoverato D. Aveva contratto la tubercolosi, (negli altri ospedali non se ne erano accorti) e 4 giorni di ricovero sono costati circa 600 euro.
Come in ogni Paese che non funziona che si rispetti, ogni visita all'ospedale si traduce in ore, giorni di attese. Quando è stato il nostro turno, il medico ha ravvisato la necessità di una biopsia. Erano le 2, ci hanno detto di aspettare fino alle 6 ma alle 5 ci hanno mandati a casa, tornate domattina alle 10. Oggi a mezzogiorno finalmente è stata fatta la biopsia. Alla cassa,  dopo aver pagato circa 80 euro, mi hanno detto che l'analisi del campione deve essere fatto presso un laboratorio esterno e che lo devo consegnare io perché loro non effettuano il servizio. Fantastico. Un altro po’ di traffico soffocante, smog, polvere e clacson assordanti ed il campione è arrivato a destinazione.

I risultati saranno pronti tra 7/10 giorni e speriamo tanto che questa volta riusciremo a curare definitivamente M., che senza di voi starebbe ancora prendendo farmaci per la rinite per curare delle piaghe cutanee.A presto e un abbraccio speciale agli amici umbro-marchigiani.





mercoledì 17 agosto 2016

Una storia a lieto fine


Dopo soli tre mesi e mezzo di lontananza sono da poco tornata in Nepal e, come scrivo spesso nei post, per me è molto difficile riuscire a raccontarvi la vita qui perché la vita qui è un film e io non sono uno sceneggiatore. E’ difficile raccontare le piccole grandi gioie nel vedere quelli che erano bambini diventare ragazzi maturi e consapevoli. Sono piccole manifestazioni giornaliere, sono mattoni invisibili di un investimento umano a lungo termine che darà i suoi pieni frutti con gli anni quando, grazie all'aiuto di chi sostiene il nostro lavoro, saranno in grado di camminare sulle loro gambe come adulti maturi e formati per una vita migliore. Nel loro percorso di crescita stanno iniziando a darci conferma che abbiamo seminato bene. Ecco una bella storia che ne è esempio.
Pochi giorni prima di tornare in Italia a fine marzo, vi avevamo raccontato della storia del piccolo R. La sua mamma è scappata con un altro uomo e il papà, pur volendogli davvero bene, non è in grado di prendersene cura perché ha problemi di tossicodipendenza da farmaci. Cosi il piccolo è stato accolto nel nostro ostello di urgenza. Da noi però i ragazzi sono ormai tutti grandi – tra i 10 e i 17-, non abbiamo lo staff adeguato per assicurare a R. l’infanzia sicura e felice che si merita tra bambini della sua età con cui giocare e adulti che si curino a dovere di lui.
S., uno dei ragazzi più grandi, un giorno ci ha chiamato dicendo: “Ora siete in Italia e non potete fare niente, io sono qui, è la mia prima occasione per fare qualcosa di buono per qualcuno, ci penso io al piccolo”. Così questo adolescente da 110 e lode ha affrontato la pachidermica burocrazia nepalese, di ufficio in ufficio, di carta in carta ha ottenuto prima il certificato di nascita del bambino, poi tutti i documenti necessari per l’accettazione nella nuova casa famiglia. Ci sono voluti due mesi e mezzo di santa pazienza, le coincidenze hanno voluto che i documenti fossero pronti proprio nei giorni del mio ritorno in Nepal. Sapevo che avremmo dovuto parlare con il piccolo per spiegargli la situazione ed ero grata di avere al mio fianco S. come traduttore. Ma, ancora una volta, ha fatto di più e, battendomi sul tempo, al mio arrivo dice: “Anche io sono cresciuto in ostello, mi ricordo che quando mi hanno portato non mi hanno spiegato niente, mi hanno lasciato lì dicendo che andavano a comprarmi le scarpe ed io sono rimasto ad aspettare per un sacco di tempo. Non è giusto prendere in giro i bambini”.
Ecco, come faccio a descrivervi la mia gioia nel sentire un discorso così da un ragazzo che ho visto bambino e che sta crescendo cosi umanamente bene? Ed è stato lui a parlare con il piccolo R, un omino di tre anni con la vocina da bimbo e gli occhi di chi ne ha già viste troppe. Ha voluto sapere il nome del posto, quanti bambini alti come lui ci sono, se poteva portare la sua scavatrice giocattolo e se anche lì si mangia la pasta. Soddisfatto delle risposte ha messo la scavatrice nello zainetto, pronto ad andare.

Con la 'nonna' direttrice della casa famiglia
Il grande giorno è finalmente arrivato e mentre eravamo sul bus per raggiungere la nuova casa di R, il piccolo seduto in braccio al padre ha ricapitolato la situazione: “Adesso vado a vivere nella casa nuova con gli altri bambini, quando sono grande il mio papà mi viene a prendere e mi compra uno scavatore vero, ok?”. Ha riso anche la signora seduta di fianco. 
Il posto che accoglie R. è una meraviglia! Uno staff di donne ben organizzato che si prende cura dei bambini a tempo pieno in un ambiente familiare e protetto. Il piccolo è stato accolto con affetto da tutti, abbiamo passato la giornata con lui e gli altri bambini della casa. Al momento di andarcene, avevamo tutti paura che si sarebbe messo a piangere ma per fortuna ha salutato il papà con un abbraccio, gli ha dato un biscotto sbriciolato che teneva in tasca ed è tornato a giocare con un altro bambino mostrandogli i prodigi del suo scavatore arancione.
Oggi sono tornata a trovarlo, stava giocando con gli altri bimbi e l'ho visto felice e spensierato come ogni bambino dovrebbe poter essere.
Noi della famiglia HT siamo letteralmente innamorati di questo gnomo speciale e desideravamo tanto trovare un luogo dove potesse crescere felice. Durante il colloquio la direttrice ha detto che è un bambino buono e molto intelligente, si è integrato benissimo nel gruppo ed è coccolato da tutte le didi e aunty ( sorelle e zie) della casa. Un'altra buona notizia è che il padre ha chiamato per salutare il piccolo promettendo che andrà presto a trovarlo. La prossima volta cercheremo di portare anche lui che, per quanto inadatto al ruolo, è sempre il suo papà e a modo suo gli vuole bene. 
Oltre a coprire le spese per il mantenimento del bambino presso la struttura di PAORC Nepal (60 euro al mese), il nostro impegno negli anni a venire sarà quello di seguire la sua crescita e facilitare gli incontri con il padre. Chi di voi ci conosce da tempo, sa che una delle prime azioni di HT è stata proprio un ricongiungimento familiare e continuiamo a lavorare in questo senso sia col piccolo R. che con la nostra prima storia. Leggi il post relativo
A questo proposito, in questi giorni Shakti è venuta a trovare i figli Bidur e Hari e ieri abbiamo fatto una chiamata Skype in Spagna. Anche questo è sempre un momento di grande emozione difficile da trasmettere. Un computer, una mamma nepalese in silenzio con gli occhi che parlano di amore e mancanza, una figlia e una madre adottiva dall’altra che, nonostante la distanza e le barriere linguistiche, sanno di essere una famiglia allargata uniti da un legame d’amore.
Sono queste le nostre priorità, creare e salvaguardare rapporti che infondano fiducia e sicurezze affettive. Con queste fondamenta, i bambini e i ragazzi potranno crescere esprimendo il meglio che c’è in loro, che noi sappiamo essere tantissimo.
Tutto ciò è possibile grazie al vostro sostegno, sapere che ci siete rende più facile superare gli inevitabili e frequenti momenti difficili qui in Nepal.
Quindi grazie, grazie davvero e a presto con altre novità sui progetti di permacultura e ricostruzione.