venerdì 4 dicembre 2015

Human Traction goes on!

Ciao HT followers, sono Catia da due settimane sono di nuovo in Italia. Scrivere del Nepal è difficile e altrettanto necessario. Difficile perché sono indescrivibili le emozioni provate in un posto così diverso dal mio paese d’origine eppure così umanamente vicino e caldo. La necessità deriva dal fatto che, nonostante il Nepal non sia mai stato sotto i riflettori, se non per eventi catastrofici e sconcertanti come il terremoto dell’Aprile 2015, è un Paese che in questo momento vive una “catastrofe umanitaria” dovuta ad un’assurda politica di “embargo” ufficioso imposto dall’India.


E’ facile intuire che, vista l’assenza di ferrovia e di sbocchi sul mare, non avere benzina in Nepal comporta una serie di difficoltà che vanno al di là di ogni immaginazione. Tutto, e dico tutto, è influenzato da questa mancanza. Ed ogni piccolo risultato raggiunto, anche quello che potremmo ritenere scontato, si conquista con grandi sforzi ed è causa di immensa gioia.  Perché, anche in momenti come questo, noi tutti volontari di Human Traction e i ragazzi non ci fermiamo!


Negli ultimi due mesi, l’intero periodo della mia permanenza a Lilliput, ne sono successe tante ed è bello, come sempre, condividere le informazioni con chi ci sostiene.  Grazie al vostro aiuto siamo stati in grado di far diagnosticare la Tbc a D e farlo curare. Abbiamo finanziato l’acquisto delle serie/banchi per le classi della scuola che frequentano i ragazzi.  L’acquisto dell’impianto di depurazione dell’acqua è stato economicamente rilevante e davvero non avremmo potuto affrontarlo senza la vostra collaborazione.


L’inverno è arrivato anche a Lilliput, così abbiamo provveduto a fornire ai nostri piccoli amici tutto l’abbigliamento necessario. Due dei nostri volontari hanno visitato la casa d’origine del più grande dei nostri ragazzi e, trovandola in condizioni disastrose, causa terremoto, si è deciso di finanziarne la ricostruzione.

A tutti coloro che ci seguono vorrei trasmettere la gioia che si prova nel guardare i ragazzi crescere, guardarli negli occhi mentre noi tutti li sorreggiamo nel loro andare avanti, sforzandoci di non fargli mancare nulla. Personalmente ho ricevuto tanto da loro e sicuramente, in questi 2 mesi a Lilliput, abbiamo raggiunto così tanti traguardi grazie a voi e ai vostri sforzi. Andate avanti, andiamo avanti! Un grazie a tutti voi e a Human Traction! Stay tuned! 


venerdì 6 novembre 2015

Standby Nepal

Dopo settembre anche Ottobre è stato un mese all’insegna dell’assurdo.
Già perché, purtroppo, nel 2015 anche in Nepal senza il carburante ed il gas la vita dopo un po’ diventa semplicemente assurda. La benzina al mercato nero costa più di 5 euro al litro ed è tagliata. Le file ai distributori sono infinite, gli autobus sono ridotti e viaggiano caricando decine di persone anche sui tetti. Il tragitto per Kathmandu (18km) è diventato un viaggio epico di ore ed ore. In ostello la didi cucina da settimane con bambù secco e la poca legna che si trova in un villaggio nel mezzo delle risaie. In città la situazione è ovviamente peggiore ed addirittura i ristoranti per turisti in Thamel, ormai da più di un mese, hanno il menù dimezzato perché non possono sostenere il costo di 80 euro a bombola del gas, figuriamoci la gente normale.
I nostri lavori di ristrutturazione dei bagni ed il progetto di ricostruire la parte pericolante della cucina sono completamente bloccati perché nessuno consegna i materiali e i prezzi sono raddoppiati.
Ottobre è stato anche il mese del Dasahin, la massima festa nepalese che corrisponde un po’ al Natale: si fanno kilometri per riunirsi con i parenti e mangiare smodatamente con la famiglia cercando di dimenticare, almeno per qualche giorno, la pesantezza e le difficolta di questo 2072. (In Nepal seguono un calendario tutto loro)
Il ragazzo più grande dell’ostello ci ha chiesto di accompagnarlo al villaggio di origine dove vivono la madre vedova ed il fratello con un braccio paralizzato. Il villaggio si trova tra le alte colline sopra Barhabise, 85 km dalla capitale, nel distretto di Sindupalchok, epicentro del sisma di Aprile. Come la maggior parte della popolazione di quelle zone, anche loro hanno perso la casa e vivono in una baracca di onduline e legna. La mamma si chiama Maya e ci ha accolti con la proverbiale ospitalità nepalese. Ci siamo sentiti coccolati e rifocillati dopo le 6 ore di curve in cima ad un vecchio autobus e 3 di trekking per raggiungere il villaggio.  La bellezza di questi luoghi e di queste persone lascia senza fiato, come la distruzione del terremoto che qui ha seminato macerie ovunque. Ancora una volta il Nepal si rivela terra di contrasti, meraviglioso e dannato, più da una classe politica becera e dai giochi di potere dell’India che dalla natura matrigna. I milioni di euro stanziati per la ricostruzione sono ancora tutti fermi nelle casse del Primo Ministro perché negli ultimi mesi tra la ratifica della costituzione prima e l’embargo indiano dopo, non è stato mosso un dito per aiutare la popolazione colpita. Nel nostro piccolo abbiamo deciso di aiutare la mamma di Dipendra a ricostruire la sua casa. Le abbiamo consegnato 16.000rps, circa 150 euro, per i lavori di abbattimento della vecchia casa e rimozione delle macerie. Torneremo da lei a gennaio per seguire i lavori di ricostruzione. Purtroppo entro due settimane lo staff di HT dovrà lasciare il Nepal (attualmente siamo in tre). A me non danno il visto come insegnante di inglese per un anno perché al Dipartimento dell’Istruzione dicono che non c’è bisogno di insegnanti stranieri, i loro sono abbastanza e bene preparati. Sappiamo tutti che non è vero, che il Nepal vanta uno dei sistemi educativi più deboli al mondo e che nello specifico nella nostra scuola manca personale docente. Non mi hanno neanche fatto parlare cacciandomi dall’ ufficio in malo modo. Ho mangiato un panino di rabbia, l’ho digerito e ora sono serena perché il dono più grande che il Nepal mi ha fatto in questi anni è la prova che con la pazienza e la perseveranza si ottiene tutto. Tornerò con il mio compagno a gennaio e, come sempre, troveremo un modo per andare avanti.
Catia, che ha scritto il post sulla sanità, era venuta in Nepal per riabbracciare due vecchi amici. Sarà il fascino di Lilliput, sarà la magia dei ragazzi dell’ostello, ha deciso di entrare a far parte della nostra famiglia aiutandoci sia in Nepal che in Italia. Siamo felici di acquisire nuove energie proprio nel momento in cui salutiamo con affetto Clara che, per motivi personali, ha deciso di lasciarci.
Auguriamo ai vecchi e ai nuovi amici, ma soprattutto al nostro amato Nepal un futuro sereno. Noi, problemi di visti a parte, ci saremo sempre e faremo sempre del nostro meglio per far crescere i ragazzi dell’ostello forti ed aiutare le persone in difficoltà a noi vicine.


 
Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok

Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok

Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok

La casa vecchia casa di  Maya, Sindapalchok

Maya nella sua casa attuale

giovedì 15 ottobre 2015

Un post dall'Health Post

Ciao gente, sono Catia e sono qui a Lilliput con Human Traction da 3 settimane. Vivere in un villaggio della Kathmandu Valley è una passeggiata di salute se hai la benzina, se hai la bombola del gas per cucinare, se hai corrente 24h e acqua potabile tutto il giorno. Ma così non è, quindi la passeggiata di salute ancora non l’ho fatta. E proprio di salute voglio parlarvi, perché finché stai bene qui con impegno e spirito d’ adattamento alla fine ce la si fa. Ma se per caso ti capita di prenderti una qualunque malattia tutto diventa davvero rischioso. Come sapete nelle scorse settimane nonostante la chiusura della frontiere con l’India e tutti i problemi che ne sono derivati, siamo riusciti a portare uno dei nostri ragazzi, D., presso un ospedale privato dove gli è stata diagnosticata la tubercolosi diffusa. Ovviamente prima D. era stato “visitato” dal cosiddetto medico dell’Health Post del villaggio. Diagnosi approssimate che si sono rivelate errate, e poi la decisione di rivolgerci all’ospedale privato ci hanno permesso di curare il nostro D. Allora mi sono detta “sarà il caso di dare un’occhiata a questo avamposto della sanità pubblica!”. Così stamattina con curiosità e non poco timore mi sono avventurata. Le immagini parlano da se, due stanzette fatiscenti, zero attrezzature mediche, un unico lettino per i pazienti usato come portaoggetti, materiale arrugginito e scatole intere di farmaci scaduti pronti da somministrare agli sfortunati avventori. I pochi cartelli che vedo sono ovviamente incomprensibili per me, ma ho avuto conferma dai locali che non contengono informazioni davvero rilevanti sulla prevenzione e sulla salute. Col sorriso più amichevole che posso cerco di parlare con quello che sembra essere il medico. Un uomo sulla quarantina, niente camice, una sorta di stetoscopio al collo, roba da mangiare sulla scrivania. Mi dice che è qui da 15 anni, che praticamente ha curato tutti e conosce tutti qui al villaggio. Non sono un medico, tengo a precisare, ma lo vedo prescrivere farmaci ad un bambino di circa un anno senza neanche averlo visitato. La domanda fatidica:” dottore ho sentito dire che qui in Nepal la tubercolosi è molto diffusa, me lo conferma?”. Frettolosamente mi risponde di NO e ricomincia a parlare con la mamma del piccolo paziente. Non so se ho sbagliato, avrei potuto ribattere ma non l’ho fatto, sono uscita dalla sua stanza anche perché l’ho visto nervoso mentre mi vedeva maneggiare il telefono per cercare di far foto. Nell’altra stanza un altro uomo, credo sessantenne, prescrive farmaci dalla finestra, la gente si affaccia dall’esterno dell’edificio, dice qualcosa e lui compila dei foglietti di prescrizione medica come se fosse un impiegato delle poste.




Ribadisco, non sono un medico e non mi permetterei mai di giudicare l’operato di professionisti in una materia che non padroneggio, ma con un po’ di ragionevolezza credo non sia buona norma prescrivere farmaci senza visitare i pazienti, credo che un Health Post, per quanto sguarnito di materiale medico, si possa tenere in condizioni igieniche migliori e che la salute dei cittadini non debba cadere nella immensa falla del sistema sanità. Dal 1996 esistono i DOTS, centri di osservazione diretta per la tubercolosi, e la loro attività ha già prodotto buoni risultati. Ma la loro efficienza rimane limitata se poi i medici dei villaggi non sono abbastanza professionali e preparati da inviarvi i casi sospetti. Vedo D. con la mascherina, una terapia di 8 mesi davanti, più di 6 farmaci al giorno. In Nepal oggi la sanità è privata. Dati alla mano circa il 40 % della popolazione è infetta dal bacillo della tubercolosi. Circa 4000 persone all’anno muoiono di tubercolosi. Nella stragrande maggioranza dei casi la diffusione della malattia è dovuta al ritardo nella diagnosi e alla mancanza di consapevolezza della popolazione sulla malattia stessa.


Incredibile ma vero! Questo è quanto ho appreso oggi nella mia passeggiata di salute a Lilliput.