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venerdì 6 novembre 2015

Standby Nepal

Dopo settembre anche Ottobre è stato un mese all’insegna dell’assurdo.
Già perché, purtroppo, nel 2015 anche in Nepal senza il carburante ed il gas la vita dopo un po’ diventa semplicemente assurda. La benzina al mercato nero costa più di 5 euro al litro ed è tagliata. Le file ai distributori sono infinite, gli autobus sono ridotti e viaggiano caricando decine di persone anche sui tetti. Il tragitto per Kathmandu (18km) è diventato un viaggio epico di ore ed ore. In ostello la didi cucina da settimane con bambù secco e la poca legna che si trova in un villaggio nel mezzo delle risaie. In città la situazione è ovviamente peggiore ed addirittura i ristoranti per turisti in Thamel, ormai da più di un mese, hanno il menù dimezzato perché non possono sostenere il costo di 80 euro a bombola del gas, figuriamoci la gente normale.
I nostri lavori di ristrutturazione dei bagni ed il progetto di ricostruire la parte pericolante della cucina sono completamente bloccati perché nessuno consegna i materiali e i prezzi sono raddoppiati.
Ottobre è stato anche il mese del Dasahin, la massima festa nepalese che corrisponde un po’ al Natale: si fanno kilometri per riunirsi con i parenti e mangiare smodatamente con la famiglia cercando di dimenticare, almeno per qualche giorno, la pesantezza e le difficolta di questo 2072. (In Nepal seguono un calendario tutto loro)
Il ragazzo più grande dell’ostello ci ha chiesto di accompagnarlo al villaggio di origine dove vivono la madre vedova ed il fratello con un braccio paralizzato. Il villaggio si trova tra le alte colline sopra Barhabise, 85 km dalla capitale, nel distretto di Sindupalchok, epicentro del sisma di Aprile. Come la maggior parte della popolazione di quelle zone, anche loro hanno perso la casa e vivono in una baracca di onduline e legna. La mamma si chiama Maya e ci ha accolti con la proverbiale ospitalità nepalese. Ci siamo sentiti coccolati e rifocillati dopo le 6 ore di curve in cima ad un vecchio autobus e 3 di trekking per raggiungere il villaggio.  La bellezza di questi luoghi e di queste persone lascia senza fiato, come la distruzione del terremoto che qui ha seminato macerie ovunque. Ancora una volta il Nepal si rivela terra di contrasti, meraviglioso e dannato, più da una classe politica becera e dai giochi di potere dell’India che dalla natura matrigna. I milioni di euro stanziati per la ricostruzione sono ancora tutti fermi nelle casse del Primo Ministro perché negli ultimi mesi tra la ratifica della costituzione prima e l’embargo indiano dopo, non è stato mosso un dito per aiutare la popolazione colpita. Nel nostro piccolo abbiamo deciso di aiutare la mamma di Dipendra a ricostruire la sua casa. Le abbiamo consegnato 16.000rps, circa 150 euro, per i lavori di abbattimento della vecchia casa e rimozione delle macerie. Torneremo da lei a gennaio per seguire i lavori di ricostruzione. Purtroppo entro due settimane lo staff di HT dovrà lasciare il Nepal (attualmente siamo in tre). A me non danno il visto come insegnante di inglese per un anno perché al Dipartimento dell’Istruzione dicono che non c’è bisogno di insegnanti stranieri, i loro sono abbastanza e bene preparati. Sappiamo tutti che non è vero, che il Nepal vanta uno dei sistemi educativi più deboli al mondo e che nello specifico nella nostra scuola manca personale docente. Non mi hanno neanche fatto parlare cacciandomi dall’ ufficio in malo modo. Ho mangiato un panino di rabbia, l’ho digerito e ora sono serena perché il dono più grande che il Nepal mi ha fatto in questi anni è la prova che con la pazienza e la perseveranza si ottiene tutto. Tornerò con il mio compagno a gennaio e, come sempre, troveremo un modo per andare avanti.
Catia, che ha scritto il post sulla sanità, era venuta in Nepal per riabbracciare due vecchi amici. Sarà il fascino di Lilliput, sarà la magia dei ragazzi dell’ostello, ha deciso di entrare a far parte della nostra famiglia aiutandoci sia in Nepal che in Italia. Siamo felici di acquisire nuove energie proprio nel momento in cui salutiamo con affetto Clara che, per motivi personali, ha deciso di lasciarci.
Auguriamo ai vecchi e ai nuovi amici, ma soprattutto al nostro amato Nepal un futuro sereno. Noi, problemi di visti a parte, ci saremo sempre e faremo sempre del nostro meglio per far crescere i ragazzi dell’ostello forti ed aiutare le persone in difficoltà a noi vicine.


 
Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok

Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok

Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok

La casa vecchia casa di  Maya, Sindapalchok

Maya nella sua casa attuale

domenica 11 ottobre 2015

Aspettando Godot...ed un autospurgo!

Amici che ci seguite, vi abbiamo lasciato con l’ultimo post di fine settembre con le nostre disavventure, la fossa biologica, le tensioni politiche interne e quelle con l’India che hanno portato al blocco delle frontiere con conseguente razionamento di benzina e bombole del gas. Le cose non sono migliorate, anzi.
Il 2 ottobre abbiamo portato D., uno dei nostri ragazzi, in ospedale. Eravamo già stati 15 giorni prima in un ospedale nepalese dai sedicenti “international standards”. Il ragazzo accusava dolori di stomaco, febbre, inappetenza e presentava l’addome rigonfio. L’arguto medico, senza neanche toccare il paziente, ci prescrive: ciproxina (antibiotico ad ampio spettro), un camion di paracetamolo ed un farmaco antiulcera. A distanza di pochi giorni anche presso l’health post del villaggio D. ha ricevuto lo stesso trattamento. Abbiamo deciso a questo punto di rivolgerci all’unico ospedale degno di questo nome. Una precisazione: in Nepal la sanità è privata eccetto il Bir Hospital di Kathmandu e, come per tutto il resto, il servizio è scadente. I medici sono poco preparati e le diagnosi sono spesso inadeguate. Dopo 4 giorni di ricovero e più di 500 euro di spesa, abbiamo scoperto che D. ha la “tubercolosi diffusa” che ha colpito, nel suo caso, la pleura e il fluido peritoneale. Si tratta di una malattia molto diffusa in questo Paese ma nonostante ciò le prime diagnosi sono state pericolosamente errate. La malattia è infettiva ma il medico ci ha un po’ rassicurati spiegandoci che è molto meno trasmissibile rispetto a quella polmonare. Le indicazioni per D. sono: indossare la mascherina almeno per i primi tempi, dormire isolato, seguire la terapia farmacologica per 6/8 mesi.
La mattina del 6, ovviamente ancora debole e barcollante, D. è stato dimesso. I nostri problemi personali, come quelli di tutti i nepalesi, sbattono e si amplificano contro il muro di problemi e disagi dovuti alla mancanza di carburante. I bus hanno ridotto le corse e viaggiano carichi al limite della sopportazione meccanica ed umana, D. non è in condizione di affrontare un viaggio simile. Ai benzinai ci sono taxi ed autisti del trasporto pubblico in file di km. C’è chi aspetta da più di 24 ore ed il rifornimento ai privati non è permesso da diversi giorni. Davanti all’Esercito ci siamo finti turisti impauriti e siamo riusciti a recuperare 2 preziosissimi litri per riportare il nostro D. a casa. Oggi, domenica 11, siamo un po’ più sereni perché risponde bene alla terapia, gli sta tornando l’appetito e, anche se il suo sorriso sarà coperto dalla mascherina per un bel po’, i suoi occhi e la sua vitalità, che aumenta di giorno in giorno, ci fanno sperare che con le dovute attenzioni ed impegno guarirà e anche la Tbc, al tempo dell’embargo silente, sarà un’altra complicata avventura archiviata.
Qui non ci si annoia mai e di complicate avventure ne abbiamo un po’. Il fatto che non ci sia benzina non significa solo che devi andare a piedi e che se devi trasportare materiali e/o persone ti puoi giusto affidare agli dei, significa che tutta la vita e tutte le attività vanno in stop indeterminato, il che alla lunga diventa stressante e pericoloso. Non c’è cemento né sabbia né i materiali necessari per la ricostruzione della cucina e delle parti pericolanti. Non possiamo terminare il lavoro dei bagni e chi ci segue sa che da tempo abbiamo problemi con la fossa biologica. Prima lo sciopero degli autospurgo e poi la mancanza di benzina stavano rendendo la vita in ostello irrespirabile e pericolosa. Non abbiamo avuto altra scelta che utilizzare una grande buca nel campo sottostante che, anche ad aprile, causa terremoto, era stata usata per svuotare la fossa stessa. La buca è coperta da strati di onduline e le terra assorbe abbastanza in fretta. Sappiamo che non è la soluzione ideale e non è stata una decisione presa a cuor leggero, anche perché il canale di scolo lo abbiamo scavato noi e non è stato piacevole. Adesso la situazione è sotto controllo, per un po’, l’odore nauseabondo è diminuito e la pozzetta a cielo aperto di liquami e bigattini è sparita.

Come il resto della popolazione non ci resta che attendere che la situazione si sblocchi per poter tornare a quel casino incredibile di luce ed acqua razionate, politica fantoccia, spezie e bellezza, anime gentili e balordi, macerie e speranza che chiamavamo “normalità”.
Per chi sa l’inglese e vuole capire di più, ecco un bell’ aricolo uscito oggi su Aljazeera-http://www.aljazeera.com/news/2015/10/analysis-blockade-politics-nepal-151009193817262.html




domenica 19 maggio 2013

La Nepalite


In primis GRAZIE ai fratelli, alle sorelle (ed al Papone) che da Marzo hanno lavorato duro qui in Nepal  e tutti gli amici che ci supportano dall' Italia nella costruzione della casa per i nostri ragazzi. 
scimmiette
Quasi tre mesi di lavoro, sudore, risate, gite e momenti di gioia passati in armonia tra di noi e con i bambini. Le parole sono sempre piccole e sbiadite, le emozioni e le sensazioni qui sono invece sempre forti, come una febbre, una malattia, che ha anche un nome. Si chiama Nepalite. I sintomi piú. evidenti sono l'alternanza mentalmente debilitante di odio ed amore nei confronti del Paese e del suo popolo adulto ed un affetto smisurato per il popolo dei Piccoli.
Sono davvero persone speciali, belle facce, cuori aperti e menti brillanti, sono dei moltiplicatori d’amore, gli dai uno e ti ridanno cento.
Diamanti cresciuti in mezzo al riso.
Imbattersi in loro è una fortuna ma anche una condanna, perchè una volta che li conosci un pezzo del tuo cuore se lo tengono loro qua sull’ Himalaya! La Nepalite è contagiosa, fatevi contagiare!!

Ecco il video dei lavori https://www.youtube.com/watch?v=BHpp2DIz1J4 Siamo quasi alla fine ma abbiamo ancora tante spese essenziali da affrontare, OGNI PICCOLO AIUTO E’ UN GRANDE AIUTO!!!


Gita ragazze a Kathmandu



martedì 30 aprile 2013

APRILE, DOLCE COSTRUIRE

Ciao amici,
come corre il tempo! Il calendario mi dice che siamo a fine Aprile. Mi sembra letteralmente di essere tornati ieri quando con la casa eravamo a questo punto:











Dopo due mesi di dedizione e sudore...





















...siamo arrivati a questo punto!



















Siamo felicissimi, i bambini non stanno più nella pelle e non vedono l'ora di trasferirsi a casa nuova. Ogni giorno chiedono quanto tempo manca al fatidico giorno. Per arrivarci
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GRAZIE!

domenica 7 aprile 2013

Extreme Makeover: Hostel Edition


ERRATA CORRIGE: questo post era stato pubblicato con strafalcioni dei quali mi vergogno profondamente.
A misera discolpa vi informo che il nuovo PC, provvidenziale dono di un caro amico di HT, non capisce l'italiano e non ha i nostri accenti quindi scrivo sempre con gli apostrofi. Grazie :)


Ogni volta che mi metto a scrivere scorrono pensieri, foto, momenti, risate e sensazioni che sulla carta appaiono sbiadite e rimpicciolite. Penso a voi amici che ci leggete, vorrei potervi teletrasportare qui, presentarvi i piccoli grandi protagonisti di questa meravigliosa avventura e farvi vivere un po' i ritmi e le dinamiche della vita da villaggio nepalese. Ti svegli col sole ed il suono delle campanelline delle varie "puja" induiste mattutine, passeggi in un mare verde di grano e campi per andare a far colazione con i bambini a scuola da nonna papera che ti spadella mezzo chilo di riso alle nove della mattina e con la pancia piena vai giu' di martellate, chiodi, legno grezzo che diventa tavole, che diventano un tetto  in un armonia di lavoro, divertimento e tempo speso bene che ti dimentichi che e' domenica, di Pasqua. Me lo ha ricordato Ankit. "Happy Easter Mia". Sei cattolica? Mhh, diciamo di no. Credi in Dio? Mhh, diciamo di si. Con un sorriso ed uno sguardo vispo che avreste dovuto vederlo spara il domandone: se Dio ha creato tutto, chi ha creato Dio? Così ti ritrovi a parlare di teologia e vita con un bambino di 9 anni che ti affascina e coinvolge come fosse grande. Non so se e' una questione di latitudine o di generazione ma questi bambini e ragazzi sono davvero speciali. Ogni giorno mi sorprendono con le loro attenzioni ed i loro ragionamenti arguti, sempre allegri ed attenti a tutto quello che succede intorno. Ed ora succede che un gruppo di amici venuti da lontano sta costruendo una nuova casa per loro. Vedendo il tetto che prendeva forma e' scoppiata la baraonda del dove mettiamo i letti, chi dorme dove e con chi. L'entusiasmo e' nell'aria e sorregge Giona, Oscar e Tia mentre lavorano in bilico sulle travi. 



Ieri un momento Fantozzi li ha colti di sorpresa mentre fissavano i pannelli. Una tempesta di vento annacquata si e' quasi portata via lamiera e ragazzi che stoicamente hanno lavorato fino al tramonto.
Norme di sicurezza ISO zeromila! A tratti mi viene un po' paura ma come direbbero i Blues Brothers, "siamo in missione per conto del Signore" e va tutto bene. Un abbraccio forte da tutti noi a tutti voi.





giovedì 5 aprile 2012

Bamboo!


Buongiorno amici,
in attesa del materiale che ci serve per la costruzione della casa, ci stiamo concentrando sulla pulizia della zona sottostante i bagni. Tra erbacce e plastica, da un lato si accumula in una pozzetta lo scarico della cucina e della doccia, tanta acqua relativamente pulita, dall'altro una piccola puzzolente "pappetta nera" risultato di una faglietta nella fossa settica che emana odori nauseabondi dando un aria squallida a tutta la zona.Armati di pazienza e pala abbiamo ripulito tutto e piantato una ventina di bambù. Questa stupenda piana autoctona ama vivere in terreni umidi, scientificamente parlando non teme la cacca ed è perfetto per assorbire l'acqua e ripulire il terreno. E' una pianta infestante e in poco tempo dovremmo riuscire ad avere il nostro boschetto fitodepurativo in azione!!
















domenica 25 marzo 2012

Gettando le fondamenta


Namastè amici,
sono felice perchè tutto procede bene! Sono finalmente arrivati i primi volontari e con loro abbiamo iniziato a scavare le fondamenta della nuova casa per i ragazzi.
Nel frattempo abbiamo avuto la fortuna di incontrare un americano che costruisce case e scuole con la tecnica dei sacchi di terra! http://www.edgeofseven.org/phuleli.html Ci ha dato tanti consigli utili confermando la nostra speranza che "si può fare!" Costruire con questo metodo non richiede abilità o specializzazioni particolari. L'ingrediente fondamentale sarà il buon vecchio olio di gomito per riempire e montare i sacchi come un Lego.
Ci vorrà anche tanta pazienza e un po' di fortuna per affrontare i piccoli, grandi problemi, di trasporto, logistica, contrattazione e comprensione italo-nepalese che sicuramente incontreremo durante il nostro cammino ma siamo pronti!
Di seguito le impressioni di Andrea, il primo volontario che vi scrive sul blog per cercare di raccontarvi e trasmettervi qualcosa di questa stupenda esperienza nepalese.
Buona lettura!



Un lungo lunghissimo viaggio, seguito da un lungo sonno ristoratore ed eccomi a far parte di una comunità indubbiamente colorata e sorridente! Già dal primo giorno si entra attivamente all’interno del progetto: è in corso la costruzione della casa per i bambini della scuola e da subito si lavora fianco a fianco, a scavare le fondamenta e a riempirle di ghiaia per poi andare a salire coi sacchi di sabbia, che arriveranno nei prossimi giorni. Probabilmente è la dimensione di bisogno che subito ti accoglie, o il fatto di essere in mezzo alla natura, che mi ha sempre comunicato una sensazione di pace anche nel lavoro, ma la fatica non pesa e la presenza dei ragazzi intorno a noi, che fanno a gara a chi può aiutarci di più, è una fonte di energia continua! E’ Bello vedere come ognuno è ansioso di rendersi utile e fare la sua parte, ma soprattutto come la dimensione del lavoro venga assolutamente percepita come un gioco! Una domanda che ci è sorta ricorrente è chi stesse in realtà aiutando chi, e una lezione preziosissima è sicuramente riuscire a vivere ludicamente tutti quei momenti che nella nostra cultura sono percepiti come lavoro, e quindi fatica nel senso più brutto e abbruttente del termine. In realtà traspare chiaro, dalla gioia e dall’entusiasmo di tutti questi festanti ragazzini, che ogni attività umana costruttiva porta con sè una carica di energia creativa, che può essere vissuta come un percorso per costruire se stessi, per rapportarsi agli altri e scoprire i propri limiti e le proprie attitudini e prerogative: svelare se stessi a poco a poco. Il gioco è perfetto terreno fertile per questo genere di crescita, costellato di sorrisi e risate, lascia stanchi senza saperne precisamente il perché, dal momento che la soddisfazione e il divertimento rendono la fatica relativa. Un primo impatto assolutamente positivo quindi, che lascia spazio aperto alla voglia di continuare a giocare a costruire qualcosa di davvero importante, non solo sul piano materiale per chi ha di meno ma anche sul piano umano, per dare vita a un nuovo rapporto col nostro modo di percepire la realtà! Andrea


giovedì 6 ottobre 2011

UN REGALO INASPETTATO

A malincuore, da anni, non credo più a Babbo Natale e con lui se n’è andata la magia del Natale. Ora però credo nella dea Durga e nella magia della sua festa, Dashain.

Sarà una coincidenza ma era Dashain 2009 quando, alla ricerca della madre dei due ragazzini, si è accesa in me la lampadina che ha fatto poi partire Human Traction. Vi ho raccontato del progetto “riunione familiare per le vacanze” nella Pagina dedicata a Bidur e Hari, Radici.(In alto a sinistra del blog). Lì, tra pochi giorni, troverete la storia di come sta andando la vacanza. Qui quello che è successo per arrivarci.

Era già da un po’ che volevo contattare la mamma per verificare che fosse ancora d’accordo con l’incontro e, logicamente, organizzare un po’ la cosa. Quello di logica è un concetto inesistente in Nepal o se c’e, io non la vedo!

I fratelli vivono in una scuola con ostello annesso, largamente sponsorizzata dall’Ong Cwin, la quale detiene la custodia legale dei due bambini. Secondo l’accordo preso in precedenza, il direttore della scuola avrebbe portato I bambini alla casa/ufficio di Cwin chiamata “help line”. Da lì avrei accompagnato i bimbi a casa dalla mamma. Insomma non sembrava una cosa troppo difficile…non sembrava, but Nepal is very difficult my friend! Ho contattato il responsabile di Cwin per ricordargli dell’ accordo e chiedergli il numero della madre. Mi ha detto: “sarà dopo il 3 ottobre perche hanno gli esami, ti manderò una mail per farti sapere la data e il numero della madre”.

Ero fuori Kathmandu, un giorno per fortuna controllando la posta, scopro che Cwin ha fissato l’incontro per il 2 mattina, senza ovviamente darmi il numero della mamma. Mannaggia alla mannaggia! Lo chiamo e lui, con tutta la calma Nepalese, mi dice: “non preoccuparti per il numero, vai a prendere la mamma la mattina presto, la porti a Kathmandu, prendete i bambini e ve ne andate. Cosa? Come? Logica? No. Perché non mi ha detto subito che dovevo presentarmi con Shakty, la madre? Vive su una curva di una stradina di campagna ad indefinite ore da Kathmandu, secondo il mezzo di trasporto, insomma non è dietro l’angolo. Ma sopratutto, questo non si rende conto che piombare a casa di una donna che non passa del tempo con i suoi figli da 5 anni e dirle: “pronti-via, andiamo a prendere i tuoi bambini” non è esattamente un’idea brillante. Cazzo un attimo di preavviso, un po’ di tatto, un po’ di logica. No. Cosi, ho speso 30 euro di taxi delle vostre donazioni, per andare a prendere Shakty. Considerata la disorganizzazione e al contempo la delicatezza della cosa, nel viaggio non ho fatto altro che pregare che andasse tutto bene. Quasi svengo al sentirmi tradurre da Charlie le parole del cugino o parente che fosse: Shakty non c’e’, era un po’ malata ed è tornata al villaggio d’origine per il Dashain. Oh my God, erano le nove di mattina, a quel punto accettare di buon grado il bicchierone di raxi (specie di wishkehy Nepalese) e coca offerto dal sorridente parente, mi è sembrata la cosa migliore da fare. Finalmente Charlie è riuscito a chiamare Shakty che, felicissima, ha detto che sarebbe tornata entro qualche giorno permettendomi, nel frattempo, di ospitare i bambini. Vagamente ubriaca sulla via di ritorno per l’appuntamento con Cwin, di nuovo, non ho fatto altro che pregare che andasse tutto bene.

Infatti, all’inizio il tipo era riluttante ad affidarmi i bambini perché “ci sono delle regole, e senza madre presente non posso darteli, stanno qui all’ help line fino a che lei non torna o fino a quando non riapre la scuola. Gli ho fatto notare che se mi avesse dato il numero di Shakty a tempo debito, ora non avremmo avuto questo problema, che comunque ero riuscita a parlarle e che era d’accordo (ovviamente a quel punto ho provato a chiamarla ma il suo telefono non prendeva più). Ricordandogli tutte le cose che ho fatto per I due fratellini e quanto sia affezionata a loro, alla fine anche lui ha capito che sarebbero stati meglio con me che all’help line, abitata al momento solo da altri due bambini abbioccati davanti alla TV.

Così, ringraziando la dea Durga e la sua festa, sono tornata a casa con le mie due scimmiette preferite, incredula e felicissima di poter passare qualche giorno con loro.

Vado a giocare, a presto.

venerdì 26 agosto 2011

HABEMUS VISA

Questo post è davvero di fine Agosto, quel giorno è andata via la luce mentre scrivevo e il post è caduto nel dimenticatoio. Ecco come è finita l'epopea del visa.

Ciao amici, spero stiate tutti bene.
A Kathmandu il monsone "comincia a finire" e oggi il cielo è finalmete azzurro ma potrebbe cominciare a piovere prima che finisca questo post.
Ieri è stata una giornata epocale: HO FINALMETE OTTENUTO IL VISA PER UN ANNO!!!!
Stavo cominciando a preoccuparmi perchè nelle ultime settimane tutto stava rallentando, appuntamenti con ufficiali e segretari rimandati, "forse ti chiederanno 2000 rupie in più"etc etc.
Ieri lo sblocco. Con la pazienza di Giobbe necessaria, ho aspettato ed aspettato che qualcuno al ministero dell'istruzione finisse la sacra pausa del the prima di firmarmi l'ultimo benedetto documento. Ho attraversato la città fino alla nuova sede dell'immigration department che, tanto per facilitare la vita, è stata sapientemente imboscata in c. ai lupi in un posto scomodissimo! Ho varcato la soglia di quell'edificio come se dovessi dare un esame importante all'università. Invece del libretto universitario stringevo il portafoglio con gli ultimi 540 dollari da pagare.
Infatti, con la faccia di tolla che contraddistingue i dipendenti statali, mi è stato detto" non si preoccupi signorina, il suo visto è pronto, manca solo la mia firma che vale 5000 rupie, 50 euro di "bribe", odiosa e famosa parola inglese che significa bustarella . L'avrei uccisa.

Personalmente in Italia non ho mai guadagnato più di 5 euro all'ora, spesso in nero, e odio il pensiero corrente della gente di qui che se sei bianco, sei stupido, pieno di soldi e felice di darli a loro. Ho imparato a mie spese che arrabbiarsi o cercare di ragionare con tali individui è una perdita di tempo e salute quindi l'ho guardata negli occhi, seria e inamovibile, le ho allungato 2500 rupie dicendole di firmami il foglio.
Altra mezz'ora in attesa dell'ultima firma e verbalizzazione, che ovviamente il tipo addetto era in pausa the, e finalmente il visto per un anno era bello stampato sul mio passaporto.
Scendendo le scale con un vago senso di vertigine e la faccia da ebete felice, ho incrociato due ufficiali che, contando una pacchettata di soldi, si salutavano con aria soddisfatta.
L'irritante carrozzone fagocita-soldi del sistema visa va avanti, tutto sommato grazie all'amico Mukesh, me la sono cavata bene. Dribblando le maglie della mafio-burocrazia nepalese ho finalmente la possibilità di restare e, speriamo, creare qualcosa di buono.
Quel quadratino sul passaporto meritava un brindisi in Thamel con Federica, la prima amica italiana venuta a trovarmi in questo altro giro di giostra in Nepal. (Scuse a Tiziano Terzani)

giovedì 28 luglio 2011

GRAZIE






Ciao amici,
questo breve post è per dirvi GRAZIE!! Le vostre mail di risposta al blog sono commoventi, siete un grande sostegno morale ed è bello sapere che siete in tanti a sostenere Human Traction. Come ho raccontato in un post precedente, il processo per ottenere il visto di un anno spesso rappresenta un incubo per noi bideshi (stranieri in nepalese): letteralmente centinaia di fotocopie di passaporto, cv con tanto di pergamene di liceo e università, lettere di approvazione di indefiniti e indefinibili ministeri etc etc. Il mitico Mukesh dell' Ong partner Our Sansar oursansar.org mi sta aiutando tantissimo, smazzandosi per me parte di questo simpatico tour; finora non ci sono ostacoli. Per ostacoli si intende che il prezzo lievita di ufficio in ufficio, di timbro in timbro...Mukesh è "del mestiere", confido in lui e se tutto va bene me la caverò con "solo" 630 euro. Settimana prossima dovremmo riuscire a concludere. Oursansar in Inghilterra sta raccogliendo i fondi per il progetto di casa famiglia del quale, inshallah, sarò la coordinatrice.
Un abbraccio e un augurio di buone vacanze ai fortunati che andranno in ferie e un "tenete botta" a tutti gli altri:)