Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok |
Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok |
La casa vecchia casa di Maya, Sindapalchok |
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Maya nella sua casa attuale |
Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok |
Le macerie della casa di Maya, Sindapalchok |
La casa vecchia casa di Maya, Sindapalchok |
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Maya nella sua casa attuale |
scimmiette |
Gita ragazze a Kathmandu |
Un lungo lunghissimo viaggio, seguito da un lungo sonno ristoratore ed eccomi a far parte di una comunità indubbiamente colorata e sorridente! Già dal primo giorno si entra attivamente all’interno del progetto: è in corso la costruzione della casa per i bambini della scuola e da subito si lavora fianco a fianco, a scavare le fondamenta e a riempirle di ghiaia per poi andare a salire coi sacchi di sabbia, che arriveranno nei prossimi giorni. Probabilmente è la dimensione di bisogno che subito ti accoglie, o il fatto di essere in mezzo alla natura, che mi ha sempre comunicato una sensazione di pace anche nel lavoro, ma la fatica non pesa e la presenza dei ragazzi intorno a noi, che fanno a gara a chi può aiutarci di più, è una fonte di energia continua! E’ Bello vedere come ognuno è ansioso di rendersi utile e fare la sua parte, ma soprattutto come la dimensione del lavoro venga assolutamente percepita come un gioco! Una domanda che ci è sorta ricorrente è chi stesse in realtà aiutando chi, e una lezione preziosissima è sicuramente riuscire a vivere ludicamente tutti quei momenti che nella nostra cultura sono percepiti come lavoro, e quindi fatica nel senso più brutto e abbruttente del termine. In realtà traspare chiaro, dalla gioia e dall’entusiasmo di tutti questi festanti ragazzini, che ogni attività umana costruttiva porta con sè una carica di energia creativa, che può essere vissuta come un percorso per costruire se stessi, per rapportarsi agli altri e scoprire i propri limiti e le proprie attitudini e prerogative: svelare se stessi a poco a poco. Il gioco è perfetto terreno fertile per questo genere di crescita, costellato di sorrisi e risate, lascia stanchi senza saperne precisamente il perché, dal momento che la soddisfazione e il divertimento rendono la fatica relativa. Un primo impatto assolutamente positivo quindi, che lascia spazio aperto alla voglia di continuare a giocare a costruire qualcosa di davvero importante, non solo sul piano materiale per chi ha di meno ma anche sul piano umano, per dare vita a un nuovo rapporto col nostro modo di percepire la realtà! Andrea
A malincuore, da anni, non credo più a Babbo Natale e con lui se n’è andata la magia del Natale. Ora però credo nella dea Durga e nella magia della sua festa, Dashain.
Sarà una coincidenza ma era Dashain 2009 quando, alla ricerca della madre dei due ragazzini, si è accesa in me la lampadina che ha fatto poi partire Human Traction. Vi ho raccontato del progetto “riunione familiare per le vacanze” nella Pagina dedicata a Bidur e Hari, Radici.(In alto a sinistra del blog). Lì, tra pochi giorni, troverete la storia di come sta andando la vacanza. Qui quello che è successo per arrivarci.
Era già da un po’ che volevo contattare la mamma per verificare che fosse ancora d’accordo con l’incontro e, logicamente, organizzare un po’ la cosa. Quello di logica è un concetto inesistente in Nepal o se c’e, io non la vedo!
I fratelli vivono in una scuola con ostello annesso, largamente sponsorizzata dall’Ong Cwin, la quale detiene la custodia legale dei due bambini. Secondo l’accordo preso in precedenza, il direttore della scuola avrebbe portato I bambini alla casa/ufficio di Cwin chiamata “help line”. Da lì avrei accompagnato i bimbi a casa dalla mamma. Insomma non sembrava una cosa troppo difficile…non sembrava, but Nepal is very difficult my friend! Ho contattato il responsabile di Cwin per ricordargli dell’ accordo e chiedergli il numero della madre. Mi ha detto: “sarà dopo il 3 ottobre perche hanno gli esami, ti manderò una mail per farti sapere la data e il numero della madre”.
Ero fuori Kathmandu, un giorno per fortuna controllando la posta, scopro che Cwin ha fissato l’incontro per il 2 mattina, senza ovviamente darmi il numero della mamma. Mannaggia alla mannaggia! Lo chiamo e lui, con tutta la calma Nepalese, mi dice: “non preoccuparti per il numero, vai a prendere la mamma la mattina presto, la porti a Kathmandu, prendete i bambini e ve ne andate. Cosa? Come? Logica? No. Perché non mi ha detto subito che dovevo presentarmi con Shakty, la madre? Vive su una curva di una stradina di campagna ad indefinite ore da Kathmandu, secondo il mezzo di trasporto, insomma non è dietro l’angolo. Ma sopratutto, questo non si rende conto che piombare a casa di una donna che non passa del tempo con i suoi figli da 5 anni e dirle: “pronti-via, andiamo a prendere i tuoi bambini” non è esattamente un’idea brillante. Cazzo un attimo di preavviso, un po’ di tatto, un po’ di logica. No. Cosi, ho speso 30 euro di taxi delle vostre donazioni, per andare a prendere Shakty. Considerata la disorganizzazione e al contempo la delicatezza della cosa, nel viaggio non ho fatto altro che pregare che andasse tutto bene. Quasi svengo al sentirmi tradurre da Charlie le parole del cugino o parente che fosse: Shakty non c’e’, era un po’ malata ed è tornata al villaggio d’origine per il Dashain. Oh my God, erano le nove di mattina, a quel punto accettare di buon grado il bicchierone di raxi (specie di wishkehy Nepalese) e coca offerto dal sorridente parente, mi è sembrata la cosa migliore da fare. Finalmente Charlie è riuscito a chiamare Shakty che, felicissima, ha detto che sarebbe tornata entro qualche giorno permettendomi, nel frattempo, di ospitare i bambini. Vagamente ubriaca sulla via di ritorno per l’appuntamento con Cwin, di nuovo, non ho fatto altro che pregare che andasse tutto bene.
Infatti, all’inizio il tipo era riluttante ad affidarmi i bambini perché “ci sono delle regole, e senza madre presente non posso darteli, stanno qui all’ help line fino a che lei non torna o fino a quando non riapre la scuola. Gli ho fatto notare che se mi avesse dato il numero di Shakty a tempo debito, ora non avremmo avuto questo problema, che comunque ero riuscita a parlarle e che era d’accordo (ovviamente a quel punto ho provato a chiamarla ma il suo telefono non prendeva più). Ricordandogli tutte le cose che ho fatto per I due fratellini e quanto sia affezionata a loro, alla fine anche lui ha capito che sarebbero stati meglio con me che all’help line, abitata al momento solo da altri due bambini abbioccati davanti alla TV.
Così, ringraziando la dea Durga e la sua festa, sono tornata a casa con le mie due scimmiette preferite, incredula e felicissima di poter passare qualche giorno con loro.
Vado a giocare, a presto.